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LE GRANDI FIGURE: Madre Gertrude / la vocazione

autore: Monastero

Vogliamo ricordare la nostra Madre Gertrude, al secolo Antonietta Nasalli Rocca, da cui tanto abbiamo ricevuto. È impossibile parlarne esaurientemente, ma possiamo cercare di cogliere qualche aspetto della sua lunga fedeltà al Signore, cercare di carpire qualche segreto che la sua riservatezza aveva gelosamente nascosto.

Una lunga vita: ottant'anni, orientata verso il Signore che l'aveva attirata fin dalla sua più giovane età, tutta protesa nel desiderio di fare la volontà di Colui che l'aveva prescelta. "Ecce ancilla Domini" era il suo motto di professione a cui restò sempre fedele.
Una vita difficile, intessuta di situazioni dolorose, a cominciare dalla precocissima orfanezza, disseminata di malattie penose, segnata da ardue fatiche e da oscurità spirituali. Una vita difficile, vissuta intensamente, lucidamente, con una generosità straordinaria.

Ha portato via con sé il suo segreto, ma chi a lei è stata molto vicina crede di aver intuito che la sua fedeltà al Signore ha avuto un prezzo altissimo, accettato e voluto coraggiosamente, senza consolazioni né soddisfazioni, con pochissime gioie interiori, senza certezze sentite. La sicurezza che sapeva infondere nelle anime che avvicinava e che guidava, la via luminosa che ci indicava, non era la sua parte. Per lei l'oscurità, il dubbio, il timore di non essere accetta a Dio, la sofferenza fisica e quella interiore.

Quando cominciò Antonietta a pensare alla vita religiosa? Non sappiamo, ma qualcuno ci pensò per lei, quando era ancora bambina. E fu il Papa, e un Papa santo: Pio X. In un'udienza privata, ottenuta per sé e per le nipotine, la nonna. presentandole al Santo Padre, aveva detto “Santità, benedica queste due bambine, perché possano un giorno formare due buone famiglie cristiane". Pio X posando paternamente la mano sul capo della più piccola, rispose:
"Per questa, sì, ma su quest'altra - e benediceva Antonietta - il Signore ha un diverso progetto". La nonna che era persona da non lasciarsi intimidire neanche dalla parola del Papa, insistette: "No, no, Santità, per tutte e due". E il Papa, sempre guardando con tenerezza la più grandicella, ripeté lentamente: "il progetto del Signore per questa bambina è diverso". Madre Gertrude aggiungeva che nei giorni seguenti la nonna, usa per solito a metodi educativi piuttosto austeri, l'aveva colmata di regalucci, vestitini, dolci; quasi a farle dimenticare quelle parole profetiche.
Astuzia inutile? Comunque, non si dimenticò di quella bambina il Signore che l'aveva scelta. L'idea della vocazione religiosa a poco a poco si fa chiara in quell'anima pura e forte. A diciotto anni, Antonietta Nasalli Rocca è decisa a consacrarsi al Signore; il suo orientamento è verso il Carmelo. Il direttore, sacerdote molto apprezzato del clero piacentino, approva, ma pone due inderogabili attese: fino alla morte della nonna e finché la sorella sarà sistemata. Antonietta riconosce le necessità, valuta i doveri e si sottomette.

Erano gli anni in cui in Italia andava realizzandosi la riforma liturgica. Gli spiriti migliori erano attratti verso una forma di religiosità saldamente nutrita di teologia e di Sacra Scrittura, espressa in un culto in cui bellezza e solennità si alleassero sapientemente a una partecipazione consapevole e attiva. E dire spirito liturgico voleva dire, allora, per chi aspirasse alla vita religiosa: Ordine di san Benedetto. I promotori del movimento erano infatti in prevalenza monaci, e i monasteri sembravano essere i luoghi privilegiati in cui amore della Liturgia e pratiche ascetiche meglio potevano fondersi a gloria di Dio

Anche Antonietta Nasalli Rocca, spirito aperto e alieno quasi per natura dalle forme ambigue di un devozionismo superficiale, si orienta verso l'ideale monastico. E avendo conosciuto, tramite un'amica che sembrava avere le sue stesse aspirazioni, il monastero francese di Dourgne, ove la riforma benedettina promossa da D. Guéranger, già era in atto e produceva splendidi frutti, là si indirizza. La corrispondenza con la Madre Abbadessa fondatrice, D. Maria Cronier, ha inizio otto anni prima dell'entrata di Antonietta in monastero.

Intanto per attuare una simile riforma monastica anche in Italia l’Abate di san Paolo fuori le Mura, D. Ildefonso Schuster, concepisce un ardito disegno: qualche soggetto adatto avrebbe dovuto soggiornare per un paio di anni in un monastero francese o tedesco, allo scopo di formarsi alla vita benedettina, e poi tornare in Italia e dar vita a una fondazione.

Abbracciando la vita monastica Antonietta avrebbe voluto scegliere una esistenza di silenzio e di preghiera, di nascondimento e di umiltà, avrebbe voluto scomparire agli occhi del mondo che l'aveva amata e apprezzata e che continuava a ricercarla. Per questo sognava di seppellirsi in un monastero sconosciuto, o forse di rimanere in Francia accanto all'Abbadessa santa che l'aveva accolta e che la prediligeva, senza prendere alcuna iniziativa. Invece dovette, per obbedire al Cardinale Schuster, partecipare alla fondazione di cui fu veramente la pietra d'angolo, su cui poggia tutto l'edificio.

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