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Dal II Libro dei Dialoghi di San Gregorio Magno: La vita di San Benedetto

La sua sorella di nome Scolastica, consacrata al Signore onnipotente fin dalla più tenera età, soleva fargli visita una volta all'anno. L'uomo di Dio scendeva ad incontrarla in una dipendenza del monastero, non molto lontano dalla porta. Un giorno, dunque, come di consueto ella venne, e il suo venerabile fratello, accompagnato da alcuni discepoli, scese da lei. Trascorsero l'intera giornata nella lode divina e in colloqui spirituali, e quando ormai stava per calare l'oscurità della notte, presero cibo insieme. Sedevano ancora a mensa conversando di cose sante, e ormai s'era fatto tardi, quando la monaca sua sorella lo supplicò dicendo: «Ti prego, non lasciarmi questa notte; rimaniamo fino al mattino a parlare delle gioie della vita celeste». Ma egli le rispose: «Che dici mai, sorella? Non posso assolutamente trattenermi fuori dal monastero».
Il cielo era di uno splendido sereno: non vi si scorgeva neppure una nuvola.
Udito il rifiuto del fratello, la monaca pose sulla mensa le mani intrecciando le dita e reclinò il capo su di esse per invocare il Signore onnipotente. Quando rialzò la testa, si scatenarono tuoni e lampi cosi violenti e vi fu un tale scroscio di pioggia, che né il venerabile Benedetto, né i fratelli che erano con lui poterono metter piede fuori della casa in cui si trovavano.

... Per questo ti avevo detto che vi fu qualcosa che l'uomo di Dio, pur volendolo, non poté ottenere (...) ma contrariamente a quanto desiderava, egli si trovò davanti a un miracolo operato per la potenza di Dio dal cuore ardente di una donna. E non c'è da meravigliarsi se in quell'occasione poté di più la sorella, che desiderava trattenersi più a lungo con lui. Secondo la parola di Giovanni, infatti, Dio è amore; per giustissimo giudizio, dunque, poté di più colei che amò di più.

(SAN GREGORIO MAGNO, Dialoghi, libro II, c. 33)


UNA BREVE MEDITAZIONE SU SANTA SCOLASTICA

P. Benoît Standaert osb
10 febbraio 2017

    Santa Scolastica, la sorella di san Benedetto, l’anima sorella del monaco solitario che è divenuto abate e legislatore, patriarca dei monaci d’Occidente. Lei ha un suo percorso proprio, cresce con le sue sorelle senza di lui, ma lui finisce con il ritrovarla, raggiungerla, e chissà se la sua avventura di venire a occupare la cima del Monte Cassino non sia stata suggerita proprio da lei che era nella zona e poteva informarlo sul paganesimo che ancora imperava in quella regione.
Lei non lo segue, lo precede, ed è lui che cammina al suo seguito nel lasciare Subiaco, un mondo che bene o male ha gestito fino a una certa saturazione, per creare qualche cosa di veramente nuovo, in un luogo resistente ma ormai facile a conquistarsi: i tempi sono cambiati, il cristianesimo si fa strada. Ma questa realtà veramente nuova è stata tuttavia esplorata in anticipo da lei, la sua sorella, certamente sorella maggiore. Infatti anche se, come vuole una tradizione, erano gemelli, uno dei due dovette nascere per primo, e chissà se non lo fu proprio lei?

    Scolastica e Benedetto si danno appuntamento ogni anno in un luogo adatto a questo tipo di incontro: fratello e sorella ma anche sorelle e fratelli al plurale. Si parla, si conversa, si considera la vita dello Spirito in un dialogo felice, un crescendo che supera il tempo, lo spazio, la morte. L’Eterno regna, la Luce primordiale vince; la sera, la notte, l’oscurità, le alternanze di quaggiù cedono davanti alla forza e alla bellezza contemplate insieme nella punta dell’anima di ognuno dei due. Ma lui all’improvviso si irrigidisce. C’è la Regola. Ci sono i fratelli quaggiù e i fratelli lassù. Lui «deve» rientrare.
Lei non ha lo stesso modo di vivere il tempo, i principi, il sistema regolare: sarebbe forse più orientale che occidentale, seguirebbe delle regole monastiche più simili a quelle degli eremiti o della Laura anziché a quelle di un monastero ben strutturato? Ella vive prima di tutto con il suo Dio e il colloquio aveva dimostrato la sua priorità mistica in cui lui era stato contento di seguirla per un momento. Ma quando all’improvviso si stacca, lei continua il suo slancio senza reticenze, senza imbarazzo: va ancora avanti e spinge l’intensità del suo cuore fino a «piangere», a inondare il volto di lacrime e a provocare una tempesta e un diluvio di rovesci. Egredere si potes! «Esci adesso, se sei capace!» Egli è costernato! «Che cosa hai fatto?». Non è il suo genere, non è la sua libertà, o almeno, poiché anche lui sa bene come compiere qualche atto potente e mostrare dei segni prodigiosi, ma l’avrebbe ella fatto per guadagnare la sua causa? Non la comprende, non la segue, è ancora bloccato.
Rimane il fatto che uscire nella tempesta, da bravo italiano, non è cosa da farsi. Sarà scusato da tutti, dai fratelli lassù come da quelli che l’accompagnano quaggiù. Questo deve pur averlo un po’ tranquillizzato. Ma ella si spiega e rivela il suo cuore, il suo vero amore, al di là di tutto ciò che l’unisce al fratello. Ed egli scopre fino a quanto è amata e ama, nel servizio al suo Signore. Scopre la sua grande libertà e dovette rallegrarsene profondamente.
Il colloquio continua, il tempo scorre ancora e cede il passo alla Presenza eterna. La morte non  è lontana, di questo è sicura. Intravede che l’incontro con il fratello sarà l’ultimo quaggiù. Gli altri ne furono testimoni, si ricorderanno, il racconto è impresso in tutte le  memorie. Gregorio, divenuto papa, riferisce l’episodio con rispetto e fedeltà. Ella morirà poco dopo e lui  non  tarderà a raggiungerla.

    Nel ritmo liturgico si celebra la partenza di lei un 10 febbraio e per lui il transito è fissato a quaranta giorni dopo, una Quaresima li separa. Anche qui lei anticipa  e lui la raggiunge per festeggiare insieme una Pasqua eterna. Uniti  nella morte e nella sepoltura, certo, ma uniti soprattutto nella risurrezione e nella gloria.
«Che cosa hai fatto?» è una domanda di questo mondo con la sue convenzioni. Oggi insieme contemplano il Volto del Dio invisibile e partecipano a una gloria senza fine, una libertà dei figli di Dio che nulla più limita. Insieme ci attirano a quel superamento di tutte le soglie, in una  perfetta reciprocità di amore che solo Dio può donare e che in qualche momento ci è dato già di vivere.

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