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La nostra sorella sr Lucia

fonte: Monastero

18 gennaio 2017 - OBOEDIENTIA ET PAX

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Domenica delle Palme, 26 marzo 1961: la sera, finita la cena, la comunità è appena uscita dal refettorio quando arriva in fretta la Monaca portinaia ad annunciare: «E’ arrivata Luciana; è scappata da casa. E vuole entrare».
Luciana Malerba era nata a Corbola, in provincia di Rovigo, l’11 aprile 1932. Aveva fatto i suoi studi di magistrali e aveva insegnato in scuole elementari. Sempre molto impegnata in parrocchia e nell’Azione Cattolica, aveva condotto vita esemplare e feconda.
In occasione di un ritiro spirituale nella casa delle Figlie di san Paolo a Rovigo, aveva incontrato il Padre Gabriele Amorth, della Pia Società di san Paolo, e si era aperta con lui parlando del suo desiderio di una vita consacrata. E aveva ricevuto il suggerimento di cercare di conoscere il nostro Monastero. Fin dagli inizi della fondazione, le nostre Monache anziane avevano intrattenuto rapporti cordiali con la Pia Società di san Paolo e con D. Giacomo Alberione, loro fondatore.
Un soggiorno a Civitella nell’agosto 1960 aveva rivelato a Luciana che la vita in questo Monastero sarebbe stata ciò che il suo cuore sognava. L’opposizione assoluta di suo padre l’aveva indotta a rompere ogni indugio e a organizzare, con la connivenza della madre, la sua fuga da casa «mentre suo padre dormiva». E ci vollero molti anni prima che egli si riconciliasse.
In monastero si occupò attivamente in tutte le attività necessarie, partecipando con le consorelle a tutti i lavori. Per molti anni ha lavorato nell’orto e poi si è occupata della dispensa. In seguito ha espletato il suo servizio «alla rota», accogliendo fornitori e ospiti con il suo sorriso e con la sua gentilezza tutta veneta.
Ma soprattutto, per la sua bella voce, fu parte attiva nel canto delle Lodi al Signore, fedele alla preghiera e all’impegno del Coro.
Sappiamo anche quanto ha scrutato la Parola di Dio, quanto ha letto e studiato per approfondire la sua fede: lo abbiamo visto dagli appunti ritrovati nei suoi cassetti dopo la sua partenza.
Aveva accolto con gioia l’arrivo delle Sorelle di Bose e si era rallegrata della nuova tappa di vita del nostro Monastero, adattandosi con serena semplicità a nuovi orari e nuovi stili.
La malattia è arrivata all’improvviso, non prevista e non preannunciata, con una insufficienza respiratoria che l’ha costretta a un ricovero ospedaliero in terapia intensiva, fino a una tracheostomia invalidante. Ma non si è spento il suo sorriso, pur nella sofferenza e nella consapevolezza della ineluttabilità della fine, anche fino all’angoscia di quando, non potendo più parlare, ha scritto «Mi sento morire». Ma le Sorelle che a turno la hanno assistita ricordano ancora il suo ultimo sorriso di ringraziamento e di addio.
L’ultimo mese, contrassegnato dalla comune assistenza alla nostra sorella, ha in qualche modo suggellato la nostra comunione di vita nella continua ricerca del Signore, che è il Dio della vita e della gioia.
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